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Wednesday, January 28, 2015

Generoso Pope: arrivo’ con 10 dollari, costrui’ un impero



Generoso Pope ( Generoso Papa) nacque a Pasquarielli, frazione del Comune di Arpaise  ( Benevento), il 1 aprile 1891, da  Fortunato Papa and Fortuna Covino.  emigrò a New York negli Stati Uniti nel 1906, a 15 anni e con solo dieci dollari in tasca. Dormi’ la prima notte sulla panchina di un parco pubblico e comincio’ dalle mansioni più umili. Trovo’ subito lavoro portando acqua per 3 dollari alla settimana agli operai che stavano costruendo l’East Side Tunnel della Pennsylvania Railroad. Successivamamente lavoro’ nell’edilizia e frequento’ corsi scolastici la sera. Nel 1911 entro’ a far parte della Colonial Sand and Stone, una piccola impresa di costruzioni, diventandone superintendent, Quando alcuni anni dopo la ditta fu sul punto di fallire, riusci’ a persuadere proprietari e i creditori a dargli la responsabilita’ della societa’ e nel giro di pochi mesi, lavorando da 12 a 16 ore al giorno, riusci’ a salvare l’impresa trovando nuovi clienti, battendo la competizione ed espandendo il raggio di attivita’. Nel 1912, entrò anche nel settore alimentare fondando la Pope Foods per l'importazione di prodotti alimentari dall'Italia.
Tra il 1916 ed il 1918 prese pieno controllo della Colonial Sand & Stone trasformandola nella più grande azienda di sabbia e ghiaia nel mondo, edificando alcuni tra i maggiori edifici di New York, tra cui il Rockefeller Center (1929-40), la Radio City Music Hall (1932), l'Empire State Building (1929-31), il ponte George Washington (1927-31), e il primo Yankee Stadium (1923). Grazie alle enormi ricchezze accumulate e all'ingresso spregiudicato nel campo della politica e dell'informazione, Pope divenne uno degli uomini più potenti non solo all'interno della comunità italoamericana ma dell'intera società newyorchese.
Nel 1928 comprò il quotidiano di lingua italiana "Il Progresso Italo-Americano" per 2 milioni di dollari, raddoppiandone in breve la diffusione a oltre 200.000 copie. Acquisì ulteriori testate a New York, tra cui Il Bollettino della Sera, Il Corriere d' America, e il quotidiano di Filadelfia L'Opinione. Egli possedeva anche una stazione radio, WHOM (l'attuale 92,3 NOW). In questo modo Pope controllava le principali fonti di informazione politica, sociale e culturale della comunità italo-americana newyorchese. Alla WHOM, tra l'altro, lavorò anche Mike Bongiorno che poi fece fortuna alla televisione italiana. 
Pope era un democratico conservatore e fu uno dei principali sostenitori a New York di Franklin D. Roosevelt. I suoi giornali giocarono un ruolo fondamentale nel garantire il voto italiano per il partito democratico del New Deal, nonostante ogni controversia per i suoi legami con la Tammany Hall e l'amicizia personale con il boss mafioso Frank Costello, che Pope volle nel 1927 come padrino del suo figlio minore. Ai propri lettori italiani Pope ripeteva l'incoraggiamento ad imparare l'inglese, diventare cittadini, e votare. Il suo obiettivo era quello di infondere l'orgoglio e l'ambizione ad avere successo in un'America moderna, oltre che naturalmente ottenere in cambio il sostegno della politica per le proprie imprese. Forte delle sue amicizie presidenziali, Pope si adoperò per fare del Columbus Day una festa nazionale, fondando il 12 ottobre 1929 l'annuale New York Columbus Day Parade, della quale fu Grand Marshal per 20 anni (ancora oggi la più grande Columbus Day Parade del mondo).
Pope trovò però i suoi più formidabili avversari all'interno della stessa comunità italoamericana: da un lato le organizzazioni sindacali dei lavoratori guidate da Carlo Tresca (anarchico, giornalista e sindacalista, assassinato a New York nel 1943) e dall'altro un altro grande sostenitore di Roosevelt ma nemico giurato della macchina di potere del partito democratico newyorchese, Fiorello La Guardia (e con lui Vito Marcantonio). Conducendo una battaglia frontale proprio contro Pope e la Tammany Hall, Fiorello La Guardia diventa popolarissimo sindaco di New York dal 1933 al 1945.
Fortemente anti-comunista, Pope guardò con simpatia all'emergere del fascismo in Italia, divenendo uno dei principali punti di riferimento delle politiche mussoliniane negli Stati Uniti e il più potente nemico dell'antifascismo tra gli immigrati italiani in America.
Partecipò con Italo Balbo nella grande parata (foto a destra) organizzata nel 1933 per le strade di New York per celebrare la trasvolata atlantica. Divenuto presidente della divisione italiana del Comitato Nazionale Democratico nel 1936, Pope contribuì a convincere il presidente Roosevelt a prendere un atteggiamento neutrale sulla invasione dell'Etiopia da parte dell'Italia.
Tuttavia, la doppia fedeltà a Roosevelt e Mussolini si rivelò sempre più difficile da gestire con il progressivo allineamento di Mussolini alle politiche di Hitler. Dopo l'attacco a Pearl Harbor del dicembre 1941, Pope ruppe ogni residuo legame con Benito Mussolini e sostenne con entusiasmo lo sforzo bellico americano contro l'Italia fascista.
E’ stato detto che fu lo stesso Mussolini a suggerirgli di acquistare Il Progresso per favorire la dottrina fascista tra gli emigrati, ma il nipote David Paul Pope,  autore di "The Deeds of My Fathers. How My Grandfather and Father Built New York and Created the Tabloid World of Today", non e’ d’accordo.
"No, non fu quella la ragione dell'acquisto, anche se è vero che quando mio nonno nel '29 incontrò per la prima volta Mussolini, prese accordi per ricevere l'agenzia di stampa controllata dai fascisti. Ma mio nonno pensava che così avrebbe aiutato gli italiani in America e anche in Italia. E poi, quando Mussolini si allineò totalmente con Hitler, lui immediatamente si staccò dal regime fascista. Anche se sicuramente ha sofferto di quel distacco da Mussolini e l'Italia", disse David Paul a Stefano Vaccara in una intervista ad “America Oggi” nell’ottobre del 1910. 
- Ma Generoso Pope era o non era un fascista?
"In un certo senso direi di sì perché lui vedeva il fascismo come un passaggio necessario all'Italia per entrare nel capitalismo. Mio nonno era fondamentalmente un capitalista anticomunista, e vedeva nel fascismo italiano una fase necessaria ad allontanare i rossi, ma poi una volta svolto quel compito del fascismo, si sarebbe dovuta affermare la democrazia", rispose David Paul.
Nel dopoguerra Pope continuò ad esercitare un ruolo di primo piano all'interno del Partito democratico. Nel 1945 sostenne l'elezione di Harry S. Truman a presidente, e l'anno successivo il suo appoggio fu ancora una volta decisivo nel voto a William O'Dwyer come sindaco di New York. A livello internazionale, nei primi anni della guerra fredda, Pope d’intesa col presidente Truman lanciò una campagna tra i suoi lettori a sostegno della Democrazia Cristiana nelle elezioni del 1948.  Centinaia di migliaia di lettere partirono dagli Stati Uniti verso l’Italia da parte di italo-americani che invitarono familiari ed amici a non cedere alle lusinghe della “sinistra” e ad abbracciare la democrazia. La campagna fu coronata da successo, I comunisti  furono nettamente sconfitti alle urne. Perche’ lo fece?
"Mio nonno e mio padre non lo fecero (la campagna per la DC) soltanto per fare un favore al presidente degli Stati Uniti, ma soprattutto perché volevano aiutare gli italiani a non cadere nelle mani dei comunisti”, disse David Paul ad America Oggi .  “A Generoso Pope interessava di essere percepito ancora dalle autorità americane, così come da quelle italiane, come il canale principale nel rapporto tra le masse di emigrati italiani in America e la loro madrepatria. Generoso voleva essere ed era quella fonte di contatto. Così come quando denunciò Mussolini gli italoamericani lo seguirono, così riuscì anche a persuadere centinania di migliaia di parenti degli emigrati a non votare comunista”.
Generoso Pope morì per una malattia cardiaca nel 1950 e fu sepolto in un mausoleo di famiglia al Woodlawn Cemetery, New York.

(Da Vikipedia.it ed altre fonti)

Saturday, January 24, 2015

I monumenti, l'eredita' di Carlo Barsotti

Un messaggio di italianita', patriottismo, 
arte e cultura a New York e al mondo intero

Molti dei monumenti di New York parlano... italiano e sono legati 
indissolubilmente alla comunita’ 
italo-americana, a Carlo Barsotti 
e al “Progresso Italo-Americano”. 
Un busto di bronzo dedicato a Giuseppe Mazzini, si trova al Central Park e fu inaugurato nel 1878 con fondi raccolti tra la comunita’.  E’ opera dello scultore Giovanni Turini e si trova lungo il West Drive all’altezza della 67.ma Strada. Due frasi sono scolpite nel piedistallo di granito: “Pensiero e Azione” e “Dio e il Popolo” , sintetizzano il pensiero e la filosofia del patriota italiano. 
A Columbus Circle, sulla 59th Street, l’angolo sud-occidentale di Central Park, all'incrocio fra Broadway, Central Park West, Central Park South e Eight Avenue, sorge, alto, ed elegante in un punto nevralgico della Gran del Mela la statua del mitico genovese che ha scoperto l’America.
Il monumento a Cristoforo Colombo, inaugurato il 12 otttobre 1892 per commemorare i quattrocento anni dalla scoperta dell'America, è una statua in marmo di Carrara alta 21 metri - opera dello scultore messinese Gaetano Russo - che si erge su una colonna a 21 metri di altezza. La colonna e’  decorata ncon i rostri di bronzo che rappresentano le tre caravelle,  la Nina, la Pinta e la Santa Maria. Ai piedi della colonna c’e’ un angelo che sorregge il globo. 
E a lati la scritta in inglese e italiano: 
“A Cristoforo Colombo/gli italiani residenti in America/
Irriso prima/minacciato durante il viaggio/incatenato dopo/ sapendo essere generoso/quanto oppresso/donava un mondo al mondo”.
La gioia e la Gloria/non ebbero mai piu’ solenne grido/di quello che risuono’ in vista/ della prima isola americana/ Terra! Terra!”
Il monumento include due splendidi bassorilievi in bronzo e quindi la dedica nella parte bassa del piedistallo.  Barsotti non ha dimenticato di apporre la sua firma sul monumento che reca la scritta:
“G. Russo invento’ e scolpi’ e per iniziativa/ del Progresso Italo Americano
il primo giornale italiano quotidiano/negli Stati Uniti/ Carlo Barsotti editore e proprietario”.
La piazza è stata restaurata nel 2005 ed abbellita con una una fontana intorno al monumento e un’isola centrale con verde e panchine.
A Washington Square, nel cuore del Village,  sorge il monumento a Giuseppe Garibaldi, anche questa opera di Giovanni Turini, dedicato nel 1888, sesto anniversario della morte dell’Eroe dei due Mondi. Nel progetto originario c’erano un soldato e un trombettiere vicino a Garibaldi, con tanto di spada sguainata, che poggiava i piedi su una roccia e non su un piedistallo. Per mancanza di fondi il progetto non fu completato e resto’ quindi solo la statua di Garibaldi. Fu quindi necessario correggere in fonderia la sua postura forzando all’interno entrambe le gambe per farle poggiare in equilibrio sul piccolo piedistallo. Il risultato non e’ stato brillante. L’Eroe dei Due Mondi, che visse a Staten Island dal 1850 al 1853 nella residenza di Antonio Meucci,  appare alquanto goffo ed e’ stato oggetto di molti commenti ironici. Qualcuno lo ha definito il “contorsionista di bronzo”.
Sulla Broadway all’altezza della 73.ma Strada sorge il monumento dedicato a Giuseppe Verdi, opera dello scultore siciliano Pasquale Civiletti, che ha lavorato su marmo di Carrara e limestone di Montechiaro. Verdi e’ fiancheggiato da quattro dei suoi piu’ famosi personaggi: Falstaff, Leonora (La Forza del Destino), Aida e Otello.
Il monumento venne inaugurato il 12 ottobre 1906, 414.mo anniversario della scoperta dell’America, alla presenza di oltre 10 mila persone. Spettacolare la cerimonia, ideata da Frank Valenti: un nipote di Barsotti tiro’ una cordicelal che libero’ una mongolfiera che porto’ in alto “ il velo che cingeva il monumento, e dalle cui pieghe uscivano con gioioso volo centinaia di colombe bianche e fiori purpurei e fronde verdi: un trionfo tricolore a cui davano solennità ineffabile le lagrime di migliaia di Italiani che ascoltavano commossi il coro verdiano evocatore della lontana Terra: Signor, che dal tetto natio..., cantato dai cori della Metropolitan Opera House diretti dal maestro, Cav. Giulio Setti”.
Un po’ nascosta, (West 64th Street), incrocio Broadway-Columbus Ave, Dante Square, dove e’ una delle due statue (la copia è al  Meridian Hill Park di Washington, D.C.) dedicate all’autore della Divina Commedia.
L’ambizioso progetto originario, affidato allo scultore palermitano Ettore Ximenes,  destinato  ad essere realizzato a Times Square nel 1912, non fu accettato perche’ giudicato sproporzionato rispetto alle dimensioni della  piazza. Inoltre era divampata una polemica contro Barsotti sulla stampa italiana (Bollettino della Sera, Italian Journal) che invitava l’editore del Progresso a raccogliere fondi per costruire ospedali e scuole per connazionali emigrati invece di monumenti, nient’altro che un espediente di Barsotti per fare pubblicita’ a se stesso e al suo quotidiano. 
Il monumento fu inaugurato solo nel 1921, 600.mo anniversario della morte del poeta.
Un altro monumento promosso da Barsotti fu quello per onorare il navigatore Giovanni da Verrazzano.



LA RIVENDICAZIONE DELLA GLORIA 
DI GIOVANNI DA VERRAZZANO 


di Alfredo Bosi

“L'onore di rivendicare all'Italia, in terra straniera, con azione devota e pronta, la gloria di Giovanni da Verrazzano scopritore della baia di New York, proprio nel momento in cui il popolo anglo-sassone onorava Henry Hudson come autentico scopritore della baia stessa, e la soddisfazione di chiudere, col riconoscimento solenne e definitivo della gloria italiana, una secolare controversia di geografi e di storici, dovevano spettare al Progresso ed al suo direttore, Cav. Carlo Barsotti. Il 27 marzo 1906, con legge dello Stato di New York, veniva costituita la Hudson Fulton Celebration Commission, la quale si proponeva di commemorare il tricentenario della "scoperta" del fiume Hudson fatta dall'inglese Henry Hudson nell'anno 1609 per conto degli Olandesi. Più milioni di dollari dovevano essere spesi per le feste, che vennero, anche dedicate a Fulton, l'inventore del battello a vapore. Dovevano queste essere la glorificazione del genio anglo-sassone, dello spirito nazionale degli Americani, degli Inglesi, degli Olandesi. Tutte le nazioni erano state ufficialmente invitate e mandavano navi per una mondiale rivista nelle acque nuovayorkesi. Anche l'Italia. Le feste dovevano durare dal 25 settembre al 9 ottobre 1909, e si annunciavano per ogni verso clamorosissime.
In questo momento solenne della vita americana, mentre gli stranieri s'infervoravano nei preparativi e tutta la immensa Metropoli, e tutte le città poste in riva al fiume fin su alla capitale dello Stato, Albany, s'abbandonavano a celebrare in Hudson lo scopritore della Baia, il Progresso Italo-Americano si avanzò solo dinanzi al tribunale della Storia, dinanzi al tribunale della pubblica opinione, a gridare, in sonora lingua italiana: — Signori, fate prima passare Giovanni da Verrazzano, poiché fu il navigatore fiorentino quegli che scoprì la Baia nel 1524; dopo venne sulle di lui traccie, nel 1609, l'esploratore anglo-olandese.
Ebbe quest'audacia del Progresso tal carattere di fiera e nobile sfida, che la gente straniera rimase interdetta, perplessa. Quale ombra appariva, risorgente dalle profonde scurità della storia; quale ombra ritornava dal fondo dell'Oceano a conturbare le memorabili feste? Verrazzano, di Firenze, battente bandiera d'un re di Francia, sbarcato sull'isola di Manhattan ottantacinque anni prima di Hudson! Tutto un sovvertimento della storia!. . . Eppure non era altro che il rifacimento, la reintegrazione della storia, il perfezionamento della storia. Non parlava attraverso l'opera del Progresso che la voce del Diritto. Era sì la voce del sangue, era sì uno squillo di fanfara patriottica, una diana che fugava le ombre accalcate nella notte della malafede sopra un nome da storici o ignoranti o malvagi — ma, dalla coscienza, su tutto e tutti, rompendo il quieto silenzio dei secoli, erompeva l'affermazione del Diritto! 
Il 15 maggio 1909 il Cav. Barsotti incaricò un luminare del foro newyorkese, l'avvocato Louis Steckler, di fare le opportune pratiche perchè il nome di Giovanni da Verrazzano entrasse ufficialmente nelle feste in onore di Hudson e Fulton. Al patrocinatore della causa cara a tutti gli Italiani venne affidato un fascicolo di documenti, appunti e studi sulla scoperta verrazzaniana ordinati dal redattore in capo del Progresso, Agostino de Biasi. 
Munito del "dossier", l'avv. Steckler iniziò la sua opera. Egli era stato incaricato — si noti, tanto era nei divisamenti del giornale di lottare fino agli estremi, per vincere — di procedere nelle forme legali e istituire innanzi al magistrato un giudizio formale, perchè in sede giudiziaria venisse proclamato il diritto italiano, qualora i passi amichevoli non avessero condotto all'accordo. Sarebbe stato, infatti - — una volta dimostrata la priorità della scoperta di Verrazzano — nella facoltà del giudice di dichiarare incostituzionale la legge che disponeva le onoranze a Hudson, fondandosi queste sull'errore; e lo stesso magistrato avrebbe potuto ingiungere alla Commissione di cessare i festeggiamenti ordinati da tale legge nulla. Si ottenne non senza contrasti la vittoria. 
Il cav. Barsotti nel conseguirla s'impegnava di erigere un busto di bronzo in onore del navigatore italiano — un busto che, nel tradursi in atto il pensiero, divenne monumento — e domandava "tout court" di inaugurarlo proprio in uno dei giorni consacrati ai festeggiamenti hudsoniani: in meno di cinque mesi, prima cioè e non dopo che il ciclo delle grandiose cerimonie si compisse. Se dopo, a che cosa sarebbero valsi il bronzo ed il granito celebranti la gesta dell'ardito navigatore toscano? Verrazzano doveva essere onorato prima di Hudson! Ettore Ximenes — il grande artista italiano — modellò il monumento in un'ora felice del suo genio. Donava poi il bozzetto al cav. Barsotti con una nobile lettera. Il cav. Barsotti accettava l'offerta generosa del valentissimo artista a nome del Comitato Columbus Day 1909, costituito da duecento rap- presentanti di associazioni col proposito di celebrare la prima festa legale del 12 Ottobre a beneficio dei 5000 orfani del terremoto calabro-siculo.
 Il cav. Barsotti n'era presidente e volle che il monumento di Verrazzano. promosso dal Progresso e da lui, sorgesse sotto gli auspici del Comitato, che si nominò da allora "Comitato Verrazzano e Columbus Day". Il ministro della Pubblica Istruzione del tempo, S. E. il prof. Luigi Rava, rispondendo all'invito mandatogli da Nuova York, pregava l'illustre letterato e senatore S. E. Gaspare Finali, Cavaliere della SS. Annunziata, di scrivere l'epigrafe centrale del monumento; e il cav. Finali annuiva con cortese premura. 
Veniva intanto deliberato a Roma che le due navi "Etna" ed "Etruria", destinate a rappresentare l'Armata d'Italia alla dimostrazione navale internazionale in onore di Hudson, partecipassero anche alle feste verrazzaniane, e come queste si annunziavano d'importanza somma sotto tutti i riguardi, fu deliberato dal Re l'invio di uno speciale rappresentante, scelto nella persona dell'illustre vice-ammiraglio barone Alfonso Di Brocchetti, senatore del Regno, presidente del Consiglio Superiore di Marina. D'accordo con la Hudson Fulton Celebration Commission venne fissata la data della inaugurazione del monumento scolpito da Ximenes. Le grandi feste americane per Hudson si chiudevano il 9 ottobre; pel 6 ottobre venne fissata la glorificazione, l'apoteosi di Verrazzano. All'organizzazione delle feste provvide il Comitato Verrazzano-Columbus Day; ma più l'attività personale del presidente Barsotti e la vibrante guida degli articoli del Progresso. Indescrivibile l'entusiasmo della popolazione italiana. L'italianità trionfava nelle sue note più alte in mozzo alla frenesia del centenario hudsoniano celebrato dagli americani a colpi di cannone e di milioni, in mezzo a fulgori incredibili di luce elettrica e ad inaudita reclame bombastica. Il monumento venne inaugurato alle 4 pom. del 6 ottobre in un'aiuo- la centrale del Battery Park, vasto giardino pubblico che trovasi all'e- stremità dell'isola di Manhattan, su cui è costruita la città propria di Nuova York. E' l'estremità dell'isola, dinanzi a cui si apre l'amplissima rada dove si confondono le acque dei fiumi e dell'Oceano, popolata di mille navi, dominata dalla famosa statua della Libertà che illumina il mondo. 
Il luogo venne scelto come quello che si suppone venisse calcato da Giovanni da Verrazzano, sbarcando. Il monumento è di bronzo e di granito dei più puri. La sua altezza dal suolo è di otto metri. Il busto è alto due, e tre la statua del Diritto, che nella sinistra regge una fiaccola e con la spada brandita nella destra sfoglia il libro della Storia. Il piedistallo quadrato misura cinque metri per ogni lato ed è sor- retto da tre gradini, il primo dei quali, dopo la base, spezzato. 
Seicento piedi cubici di granito occorsero pel piedistallo del peso di cinquanta tonnellate. Pei lavori di fondamenta occorsero 2000 piedi cubici di "concrete". 
Sul libro di bronzo, ai piedi della statua del Diritto, si leggono le due date della scoperta e della rivendicazione: MDXXIV — MCMIX  Sul frontone spezzato della base, a sinistra, in grandi lettere classiche : GIOVANNI DA VERRAZZANO 
Sul lato posteriore del piedistallo, l'epigrafe dettata da Gaspare Finali :
 ANNO 1909 — AMERICA E ITALIA RICORDANO GIOVANNI DA VERRAZZANO FIORENTINO CHE PRIMO EUROPEO PRECORRENDO ALTRO PIÙ' FORTUNATO DAL QUALE EBBERO IL NOME NAVIGO' QUESTE ACQUE LE CUI TERRE ERANO DESTINATE PER UNA DELLE CITTA' CAPITALI DEL MONDO. 
A sinistra le parole dell'autorevole storico americano John Fiske, autore dell'opera "The Discovery of America": THERE CAN BE NO DOUBT WHATEVER AS TO VERRAZZANO'S ENTERING NEW YORK HARBOR IN 1524 JOHN FISKE. (Non v'è alcun dubbio sull'entrata di Verrazzano nella baia di New York nel 1524) A destra: PER LA VERITÀ- SECOLARE PER LA GIUSTIZIA DELLA STORIA QUESTO MONUMENTO RIVENDICATORE ERESSE IL "PROGRESSO ITALO-AMERICANO" CARLO BARSOTTI, EDITORE LA COLONIA ITALIANA CONCORDE IL VI OTTOBRE MCMIX.

Precedette la cerimonia lo sfilamento del grande corteo di oltre 170 Società italiane, con bandiere e stendardi, musiche e corone. Tre ore durò la spettacolosa sfilata! La dimostrazione si mosse da Madison Square preceduta da una squadra di 500 ciclisti, da 100 Cavalieri di Verrazzano e dai membri del Comitato d'Onore in redingote e cilindro, con a capo il Cav. Barsotti, che aveva alla sua destra l'on. Marchese Prospero De Nobili ed alla sinistra il Comm. Luigi Solari, Presidente della Camera di Commercio Italiana. Venivano poi gli equipaggi delle R. Navi Etna ed Etruria, i sodalizi con bandiere e stendardi, musiche e ghirlande. Intorno al monumento presero il posto d'onore gli allievi della R. Accademia Navale di Livorno^ sbarcati dall'Etna, i marinai dell' Etruria, Il Comitato Esecutivo del Monumento di Giovanni da Verrazzano i vessilliferi delle Società. 
La cerimonia cominciò con un breve discorso e con la benedizione di Mons. Lavelle, rappresentante dell'Arcivescovo metropolitano; quindi, sorretta dal nonno, Cav. Barsotti, la piccola Gertrude Gahrman tirò a sé la corda legata al drappo tricolore che avvolgeva il monumento e scoprì la meravigliosa opera d'arte, pronunciando belle parole d'occasione vivamente applaudite. Con la loro parola i festeggiatori di Henry Hudson facevano pubblica e solenne testimonianza della gloria di Giovanni da Verrazzano, vale a dire suggellavano, con riconoscimento ufficiale da parte loro, la rivendicazione pensata, voluta e conseguita dal Progresso Italo-Americano” 

Lo scrittore Alfredo Bosi e' stato redattore del Progresso Italo-Americano
Una pagina intera dedicata dal New York Tribune ai monumenti  di Barsotti



















1928 / Barsotti vende, comincia l'era della famiglia Pope (2)


di Furio Morroni

I giorni delle ansie, dei dubbi circa l’avvenire dei giornale erano ormai lontani. Il numero delle pagine e dei servizi continuo’ ad aumentare. Poi, domenica 12 febbraio 1922, i lettori trovarono all’interno del quotidiano il primo numero del supplemento settimanale.
Nel dicembre del 1922 giunse a New York l’on. Italo Carlo Falbo che per venti anni aveva diretto a Roma il quotidiano “Il Messaggero” e in quel periodo aveva appena assunto la direzione di  “Epoca”. Barsotti volle incontrarlo  per discutere con lui la possibilita’ di pubblicare “Il Progresso” anche a Roma. L’idea venne presto abbandonata, ma l’editore lucchese era rimasto cosi’ positivamente colpito dalla affascinante personalita’ di Italo Carlo Falbo che non esito’ ad offrirgli la direzione del suo giornale. L’on. Falbo declino’, sulle prime, l’offerta: aveva in programma una profonda trasformazione di “Epoca” e non si sentiva di abbandonare quell’iniziativa da un giorno all’altro. Ma le insistenze di Barsotti furono tante che l’on. Falbo fini’ per accettare.
“Se Ella non viene - gli scrisse Barsotti in un cablogramma del giugno 1923 - finiro’ per vendere Il Progresso”.
Italo Carlo Falbo torno’ a New York il primo ottobre successivo ed il 4 ottobre assunse la carica di direttore del “Progresso Italo-Americano”.
 Nel 1922 era sbarcato a New York anche uno dei piu’ famosi giornalisti italiani di tutti i tempi: Luigi Barzini. Gia’ molto noto a quell’epoca per le corrispondenze inviate al “Corriere della Sera” nel 1906 in occasione del raid automobilistico Parigi-Pechino, compiuto insieme con il principe Scipione Borghese, Barzini arrivo’ nella metropoli americana per fondarvi  “Il Corriere d’America”. Nello “staff” di questo giornale, che nelle intenzioni dei fratelli Crespi (finanzieri sud-americani di origine italiana) avrebbe dovuto diventare il piu’ grande quotidiano in America, fecero parte altri validi redattori in gran parte provenienti dal “ Corriere della Sera” - anche’esso di propieta’ della famiglia  Crespi - come Beniamino De Ritis, Luigi Giovannola, oppure italo-americani come Frank Cantelmo.
Ma dopo il successo iniziale l’iniziativa naufrago’ in pochi anni e nel settembre del 1931"Il Corriere d’America” veniva assorbito dal “Progresso Italo-Americano”, in cui molte cose erano nel frattempo cambiate.
Carlo Barsotti era morto improvvisamente di trombosi il 30 marzo del 1927 all’eta’ di 76 anni; gia’ da parecchi mesi, ormai vecchio e stanco, non si recava piu’ in ufficio ma - dalla sua piccola villa di Coyteville (New Jersey) - si teneva oni giorno piu’ volte in contatto telefonico con la redazione.
Nell’estate del 1928, in seguito a disaccordi intervenuti tra gli eredi di Barsotti e l’esecutore testamentario, cavalier Angelo Bertolini, fu decisa la vendita della testata.
Fu un momento particolarmente critico per la vita del giornale che si risolse in un vero e proprio duello a colpi di 50mila dollari tra la grande societa’ International Paper Co. e il ricco imprenditore italo-americano Generoso Pope. Quest’ultimo si aggiudico’ infine la p;roprieta’ del quotidiano offrendo la cifra - allora enorme - di due milioni e 53 mila dollari. Era il primo novembre 1928.
Nonostante le attivita’ di Generoso Pope fossero quasi esclusivamente nel campo dell’edilizia e del materiale da costruzione, egli seppe dare un nuovo impulso al gkiornale che ben presto si arricchi’ di nuove rubriche e di nuove collaborazioni.
Gia’ da sei anni pero’ Benito Mussolini aveva preso il potere in Italia. Fin dall’ottobre del 1922 il “Progresso” di Barsotti si era subito dinistrato favorevole al dittatore; con la nuova gestione di Generoso Pope il giornale assunse addirittura un atteggiamento di appoggio al regime fascista: a conferma di cio’ ci sono le diverse visite che Pope fece a Mussolini a Roma e la grossa sottoscrizione che l’editore italo-americano lancio’ attraverso  “Il Progresso” e “Il Corriere d’America” nel 1935, raccogliendo 700mila dollari a sostegno dello sforzo  bellico italiano nella guerra d’Etiopia. (..........)
La fiducia e l’entusiasmo per l’Italia del Duce subirono un duro colpo con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e con l’ingresso dell’Italia nel conflitto. L’intera comunita’ italo-americana (ad eccezione dei non molti esuli antifascisti) visse un periodo di angosciosa perplessita’ che divenne vero e proprio sbandamento all’indomani dell’attacco giapponese a Pearl Harbor e della successiva entrata in guerra degli Stati Uniti contro le potenze dell’Asse. Le incertezze e i dubbi di quella che allora veniva definita la “colonia” italo-americana si riflessero negli editoriali del “Progresso” che, ad onor del vero, si era dissociato dalle posizioni del duce circa un mese prima di Pearl Harbor. (..........)
 Generoso Pope mori’ all’eta’ di 59 anni il 28 aprile del 1950 e la vasta popolarita’ che egli godeva tra la cominita’ italo-amdericana di New York e gli ambienti politici della metropoli fu testimoniatga dagli imponenti funerali che gli vennero tributati nella cattedrale di san Patrizio.
 Dopo una breve parentesi che vide alla direzione del  “Progresso” Generoso Pope Jr. 
( divenuto poco tempo dopo editore del diffuso “National Enquirer”) il giornale passo’ nelle mani del fratello Fortune.
Nel gennaio del 1980, dopo 52 anni di ininterrotta gestione Pope, il “Progresso” fu acquistato da un gruppo di imprenditori italiani composto da Piero Pirri Ardizzone, co-editore del “ Giornale di Sicilia”, da Carlo Caracciolo, editore de “L’Espresso” e consigliere delegato del quotidiano “La Repubblica”, dalla SPE ( Societa’ Pubblicita’ Editoriale)  presieduta da Oscar Maestro e da Domenick Scaglione , vice presidente (e direttore regionale per l’area mediterranea) della Chase Manhattan Bank, nonche’ presidente del gruppo editoriale del “Progresso Italo-Americano”. (fine)

Furio Morroni e’ stato redattore capo del Progresso Italo-Americano. 

(Questo testo e’ tratto dal numero del Centenario del giornale)

Nella foto sotto il titolo la notizia della cessione del giornale data con grande 

rilievo in prima pagina dal New York Times: 
"Il Progresso, Oldest Italian Daily News, Sold;
Gene Pope, Sand Dealer,Buys It for $2,052,000"


Thursday, January 22, 2015

Una taglia e un monumento, Carlo Barsotti nella bufera

Una campagna del Progresso a favore di un intervento armato dell’Italia contro Re Giovanni d’Abissinia, campagna criticata dalla quasi totalita’ della stampa italiana, diede un grosso colpo alla popolarita’ di Carlo Barsotti che invece chiedeva vendetta dopo la strage di Dogali in Eritrea (gennaio 1887) dove fu sterminata dagli abissini una colonna di soldati italiani. L’intervento armato non era condiviso dalla classe piu’ abbiente e istruita degli italoamericani di New York, mentre Barsotti - secondo una indiscrezione pubblicata dal New York Times - aveva inviato un cablogramma al Generale Alessandro Asinari di San Marzano, comandante delle truppe in Africa, offrendo 5mila lire per la cattura di Re Giovanni e 3mila per la cattura del Ras Alula, suo comandante in capo, vivi o morti.
“In questo cablogramma l’editore Barsotti affermo’ di rappresentare la colonia italiana negli Stati Uniti. Ora, la classe migliore dei coloni italiani e’ formata da conservatori e non ha alcuna simpatia per tali procedimenti radicali, ed i cui sentimenti sono stati esternati in una serie di articoli pubblicati dal giornale di opposizione, L’Eco d’Italia, edito da Felice Tocci. Questo ha generato un’aspra controversia giornalistica tra i due giornali, risultata la scorsa notte in una dimostrazione pubblica, quando 500 italiani intelligenti si sono incontrati alla Brooke’s Assembly Rooms, 359 e 361 Broome Street, rispondendo alla chiamata dei conservatori”.
Il giornale chiudeva scrivendo che la riunione era stata tranquilla, con unanimita’ di vedute dei convenuti contro la posizione di Barsotti, ridicolizzato per aver affermato di essere il rappresentante degli italiani.
Ma certo, l’attivita’ frenetica di Barsotti non poteva non di esporlo a critiche e sospetti.
La scheda della “Treccani” sull’editore toscano, mette in evidenza che “fra gli emigrati italiani nell'America dei Nord gli elementi più intelligenti e spregiudicati aprivano piccole banche private, non autorizzate, per i connazionali, svolgenti funzioni assai varie: dalla rimessa di denaro in Italia al piazzamento della mano d'opera, dalla raccolta del risparmio alla fornitura di biglietti di viaggio. In realtà l'attività di “banchista”, (questa era la parola che si usava), che veniva compiuta da questi prominenti italiani, se forniva un primo aiuto agli emigrati, si traduceva in effettivo sfruttamento dei connazionali senza cultura e senza sufficiente sostegno nel paese di nuova residenza. Barsotti, oltre della banca, era anche proprietario di lodging-houses, ossia di alberghi popolari, ove si rifugiavano gli emigrati più miserabili e in condizioni materiali e morali disastrose. Al pari di altri banchisti, anch'egli dopo un rapido sviluppo della propria azienda bancaria, dichiarava fallimento nel 1897 travolgendo nel dissesto i risparmi di molti connazionali”.

A. Scilimbranca, su “Cronaca Sovversiva”, definiva Barsotti “ladro di risparmi della povera gente, tenitore di bische e postriboli, ruffiano e delatore” e scriveva che l’editore faceva di tutto per farsi pubblicita’ ed ogni occasione era buona per far soldi. “Sopravviene il terremoto? Ebbene Carlino e’ sulla breccia a lenire dolori e miserie, ad aiutare i superstiti e a fregarsi l’aggio sul cambio. Qualche italiano e’ condannato a morte? Ebbene Carluccio sempre buono, sempre caritatevole, inizia una sottoscrizione, fa dollari a manate, salva il malcapitato dal capestro e fa niente che intasca tutto coll’avvocato”.
Il settimanale di Filadelfia “La Libera Parola” lo chiamava “bancarottiere”
Uno dei piu’ feroci nemici di Barsotti fu Giovanni Preziosi, nato in Irpinia, ex-prete, giornalista, punta di diamante dell’antisemitismo durante il fascismo, poi nominato ministro di Stato. Dopo un’esperienza in Germania per conto dell’«Opera Bonomelli», Preziosi si recò più volte negli Stati Uniti d’America, dove collaboro’ alle riviste italiane «Rassegna Contemporanea», «La Voce del Popolo Italiano» di Cleveland e «L’Italia all’Estero». Nel giugno del 1911 rappresento’ l’«Istituto Coloniale Italiano» di Filadelfia al secondo Congresso degli italiani all’estero.
La polemica esplose dopo l’inizio della raccolta dei fondi promossa dal Progresso per un monumento a Dante Alighieri e fu tanto velenosa da costringere Barsotti ad andare in Italia a sporgere querela contro alcune pubblicazioni che, secondo lui, lo avevano diffamato. Preziosi fu assolto da un Tribunale di Roma, ma un giornalista e il gerente de “La Ragione” furono condannati rispettivamente a due ed undici mesi di reclusione ed a pagare forti multe oltre alle spese processuali.









Wednesday, January 21, 2015

Chi e' Carlo Barsotti, fondatore e proprietario del Progresso

BARSOTTICarlo. - Nacque il 4 genn. 1850 a Bagni di San Giuliano (ora San Giuliano Terme), presso Pisa, da Giulio, agricoltore, e da Rosa Pannocchia. Emigrò a New York nel 1872,e tentò diversi mestieri, divenendo tipografo. L'attività che però gli fruttò una buona posizione finanziaria e che lo portò in primo piano nella locale colonia italiana fu quella di banchiere, anzi di "banchista", come soleva essere designata.Fra gli emigrati italiani nell'America dei Nord gli elementi più intelligenti e spregiudicati aprivano piccole banche private, non autorizzate, per i connazionali, svolgenti funzioni assai varie: dalla rimessa di denaro in Italia al piazzamento della mano d'opera, dalla raccolta del risparmio alla fornitura di biglietti di viaggio.
In realtà l'attività di banchista, che veniva compiuta da questi "prominenti"italiani, se forniva un primo aiuto agli emigrati, si traduceva in effettivo sfruttamento dei connazionali senza cultura e senza sufficiente sostegno nel paese di nuova residenza. Barsotti, oltre della banca, era anche proprietario di lodging-houses, ossia di alberghi popolari, ove si rifugiavano gli emigrati più miserabili in condizioni materiali e morali disastrose. Al pari di altri banchisti, anch'egli dopo un rapido sviluppo della propria azienda bancaria, dichiarava fallimento nel 1897 travolgendo nel dissesto i risparmi di molti connazionali.Nel 1880 intanto, il Barsotti  aveva fondato insieme con Vincenzo Polidori il giornale Il Progresso italo-americano, il primo quotidiano in lingua italiana negli Stati Uniti. L'attività di giornalista era in fondo legata anche a quella di banchista: per quest'ultima infatti la pubblicazione di un giornale in italiano creava un ambiente favorevole alle iniziative finanziarie.Il giornale, dopo inizi stentati, si andò gradualmente affermando - assorbì il Cristoforo Colombo, fondato nel 1888 - soprattutto perché offriva al suo pubblico notizie riprese anche dai giornali di provincia italiani e contemporaneamente una utile parte di cronaca commerciale (piccola pubblicità di negozi italiani, offerte e richieste di lavoro, propaganda di professionisti italiani). La sua vita coincise con gli anni del crescente sviluppo della corrente migratoria italiana negli Stati Uniti. Sotto l'abile direzione del Barsotti.,divenuto intanto anche uno dei tre redattori del Bollettino mensile della Camera di Commercio italiana in New York, sorto nel 1888 - il giornale seppe stringere saldi rapporti sia coi gruppi italiani residenti in America sia con i connazionali residenti in Italia, curando e arricchendo al massimo i notiziari, i resoconti, le informazioni, le segnalazioni.
La circolazione crebbe rapidamente, oltrepassando le centomila copie di tiratura, e Il Progresso, dalla prima sede, nell'edificio del New York Herald,passò in una sede propria. Barsotti seppe far leva sul sentimento nazionale degli emigrati, raccogliendoli intomo al suo giornale con iniziative civiche che ebbero una certa eco in America: in particolare si fece promotore di sottoscrizioni per l'erezione, nella città di New York, delle statue a G. Garibaldi (scultore G. Turini, 1888), a C. Colombo (G. Russo, 1892), a G. Verdi (P. Civiletti, 1906), a Giovanni da Verrazzano (E. Ximenes, 1909) e a Dante Alighieri (E. Ximenes, 1921). Non gli mancarono tuttavia aspre critiche per simili iniziative nello stesso ambiente italiano di New York, per l'incentivo che esse davano al sentimento nazionale in manifestazioni grandiose di italianità, poco rispondenti però alle più profonde e più urgenti necessità degli emigrati. Proprio la sottoscrizione per il monumento a Dante, che doveva essere inaugurato nel 1911 con la partecipazione di una nave da guerra italiana alla foce dello Hudson, sollevò critiche assai severe alla persona del Barsotti, e più in generale richiamò l'attenzione dell'opinione pubblica italiana sui problemi della nostra colonia a New York. Le accuse mosse al Barsotti. soprattutto da Giovanni Preziosi ne L'Italia all'estero portarono ad un processo per diffamazione che il Barsotti gli intentò e che, celebratosi a Roma, si concluse con l'assoluzione del Preziosi (21 dic. 1912).
Carlo Barsotti
Carlo Barsotti
L'inaugurazione del monumento a Dante fu quindi rinviata ed avvenne solo nel dopoguerra: il processo, a parte le questioni personali, ebbe il merito di denunciare lo sfruttamento del patriottismo degli emigrati, le clientele e l'affarismo.Il giornale del Barsotti con lo scoppio della guerra mondiale iniziò un'ampia opera di propaganda italiana, con servizi dall'Italia sulle operazioni militari al nostro fronte; come già in precedenza, esso fu intonato alla tendenza nazionalistica, entusiasticamente favorevole a Salandra e Sonnino e critico verso Giolitti. Tuttavia, mentre pubblicava articoli a difesa delle più ampie aspirazioni italiane in Adriatico, non mancava contemporaneamente di dare notizie sul pontefice, del quale pubblicava la preghiera per la pace, e sulla vita religiosa della provincia italiana: rifletteva in ciò l'ambiente al quale si rivolgeva, attenuando agli occhi di questo le divergenze della politica nella penisola e presentando ogni cosa sotto la luce dell'italianità. L'ampliamento dei servizi giornalistici comportò un ulteriore sviluppo tecnico del Progresso,cosicché alle due edizioni giornaliere aggiunse un Supplemento illustrato della domenica,in cui erano articoli di alcuni fra i migliori letterati e giornalisti italiani, scritti appositamente per il giornale o riportati da periodici della penisola (basti ricordare quelli di L. Barzini, G. Ferrero, A. Fraccaroli, G. Podrecca, A. Castelli, A. Labriola, V. Pareto, V. Morello). Nel dopoguerra il Barsotti si associò come vice direttore I. C. Falbo e affidò la direzione della corrispondenza romana a V. Morello (Rastignac); nel 1924 Falbo assumeva la direzione del giornale. Carlo Barsotti morì a Coytesville (New Jersey) il 30 marzo 1927; l'anno seguente Il Progresso veniva ceduto per due milioni di dollari. Alla sua terra di origine egli nel 1922 aveva fatto la donazione di 250.000 dollari per la costruzione di una galleria sotto il Monte Pisano. Nel 1875  Barsotti aveva sposato Margaret Heist, di Francoforte (Germania), da cui aveva avuto due figli, Carlo e Anna.
Fot0: in alto l'edificio di Perry Street che per molti anni fu la sede del Progresso Italo-Americano; in basso la sede del New York Herald  dove nacquero i primi numeri del giornale italiano.
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Bibliografia.: New York Times,31 marzo 1927 (necrologio); A. Rossi, Vita d'America,Roma 1891, pp. 98-105 (sulle fortunose origini del Progresso,pur senza nominare il B.). Sul processo B.-Preziosi, con notizie sull'attività del B., vedi tutto il fasc. 1-2, 11 (1-15 febbr. 1912) de L'Italia all'estero e nella stessa rivista R. F. [Rodolfo Foàl, La nostra vittoria ed il nostro programma, 11 (1912), pp. 337 S.; Causa Barsotti-"Italia all'estero", ibid.,pp. 338-340; Dopo il nostro processo. Le motivazioni della sentenza, III (1913), pp. 17-24. Vedi inoltre La querela Barsotti-Preziosi. La sentenza del Tribunale di Roma,in La Vita italiana all'estero, 1 (1913), pp. So-69; Barsotterie, ibid., 1 (1913), pp. 310 s.; G. FumagaRi, La stampa Periodica italiana all'estero,Milano 1909, pp. LXVI, 132; R. De Felice, Giovanni Preziosi e le origini del fascismo,in Riv. stor. del socialismo, V (1962), pp. 495 s.; Dictionary of American Biography,New York 1943, 11, P. I. Sul fenomeno dei " boss" e dei banchieri utile il confronto con l'articolo di L. Einaudi, Italiani in America,in LaStampa,4 giugno 1897, ora in Cronache economiche e Politiche di un trentennio "1893-1925", I, Torino 1960, pp. 29-34.
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FONTE: Howard R.Marraro, Carlo Barsotti,  in Dizionario Biografico – Treccani   - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 6 (1964)

Tuesday, January 20, 2015

1880/ Ecco com'e' nato Il Progresso Italo-Americano (1)



Di Furio Morroni

All’alba del 29 settembre 1880 gli abitanti di Mulberry street che erano gia’ in strada per recarsi al lavoro furono testimoni di una scena insolita nelle vie della Piccola Italia: due ragazzi, entrambi sulla ventina ed ognuno con un grosso pacco di giornali tra le braccia, gridavano a piu’ non posso:
 “ Comprate il Progresso Italo-Americano. Tutte le notizie sul processo Balbo! Soltanto due soldi!”
 Era quello l’atto di nascita del quotidiano ed al tempo stesso un atto di coraggio e di fede: il giornale nacque per volonta’ del lucchese Carlo Barsotti il quale, fra l’altro, non si era mai occupato di giornali.
La necessita’ di creare un giornale per la comunita’ italo-americana che all’epoca contava a New York circa 25mila persone, divenne chiara a Barsotti gia’ nel 1879, anno in cui un tribunale cittadino condanno’ a morte  - sembra ingiustamente - l’italiano Pietro Balbo, accusato di uxoricidio. Si costitui’ subito un comitato per ottenere una commutazione della pena e Barsotti ne fece parte. L’intraprendente lucchese cerco’ invano di attirare sul caso Balbo l’attenzione della stampa americana prima e poi quella del direttore e proprietario del settimanale “L’Eco d’Italia”, Gian Francesco Secchi de Casali, un nobile piacentino riparato in America dal 1836 dopo una fallita  cospirazione politica. Quest’ultimo, non si sa per quale motivo, si rifiuto’ di pubblicare sul suo giornale - l’unico, allora, in Italiano - qualsiasi notizia sugli sviluppi del caso Balbo.
Fu cosi’ che , sia per diffondere la causa del presunto uxoricida sia per tenere informata la comunita’ italo-americana, Barsotti comincio’ a stilare di suo pugno, ogni giorno, un foglietto contenente le ultime informazioni circa gli sviluppi del caso che poi affiggeva sulla vetrina della sua bottega in Mulberry Street. Intorno a quel modesto foglietto cominciarono a raccogliersi capannelli di gente curiosa. Barsotti comprese cosi’ la vera e propria fame di notizie che c’era tra i suoi connazionali e in lui nacque
l’idea di trasformare il foglietto in giornale. 
Il lucchese si mise in societa’ con il professore Barricelli e fondo’  "Il Progresso Italo-Americano" , giornale di quattro pagine , che sotto la testata recava la dicitura “Giornale quotidiano patriottico”.
 La redazione era in due minuscole stanze di un vecchio edificio al numero 72 di Ann Street, nel Lower East Side di Manhattan. A scrivere quei primi numeri del giornale, oltre allo stesso Barsotti, vi fu - unico redattore, Adolfo Rossi il quale, lasciata Manhattan dopo pochi mesi, sarebbe tornato venticinque anni dopo in America come Console d’Italia a Denver, Colorado.
Solo due persone, inoltre, costituivano lo staff della tipografia: erano l’allora venticinquenne Adolfo Rossi di Roccatagliata (Liguria) - che fu il primo proto - ed il coetaneo Rampaldi. Furono loro due a comporre e ad impaginare in tipografia il primo numero de “Il Progresso Italo-Americano”: ne tirarono cinquecento copie che la mattina seguente andarono a vendere in Mulberry Street.
Nonostante la buona accoglienza che il pubblico riservo’ al giornale, l’unione tra Barsotti e Barricelli a causa dei frequenti litigi tra i due duro’ poco e il lucchese non esito’ a sopprimere l’originaria testata e - in societa’ col farmacista Vincenzo Polidori - a far uscire, il 13 dicembre 1880 il primo numero de “Il Progresso Italo-Americano”.
Ma anche Polidori rimase per poco a fianco di Barsotti il quale fini’per essere l’unico proprietario del giornale. Si susseguirono poi diversi cambi di sede: da Ann Street a Chamber Street, poi a Centre Street, ad Elm Street, Perry Street (ndr) quindi addirittura a  Fairfield (Connecticut) e infine, nell’ottobre del 1965, ad Emerson nel New Jersey.
 Ma torniamo agli inizi, con le parole di Giuseppe Gardella: “Le quattro pagine erano diventate otto, il formato piccolo aveva ceduto il posto al formato grande, al formato normale dei giornali americani. La fattura era ancora quella dei giornali italiani ma a poco a poco Il Progresso andava americanizzandosi per la ricchezza dei cablogrammi della cronaca, delle illustrazioni.....”.
 “Il Progresso nei primi anni costo’ a Barsotti molti sacrifici finanziari e non poche volte il giornale non sarebbe uscito se io nin gli avessi messo a disposizione i miei risparmi.Vero e’, pero’, che Barsotti mi restitui’ sempre quanto gli avevo prestato”.
Vennero poi gli anni della depressione di fine secolo: fu un periodo che mise in serio pericolo la sopravvivenza della testata. Barsotti face l’impossibile per salvare il suo quotidianp che, nel frattempo, aveva conquistato migliaia di lettori e parecchi inserzionisti. Nel frattempo, altri giornali erano nati, avevano fagocitato le sostanze dei propri fondatori ed erano morti. “Il Progresso” si salvo’.
“ Ma - ricordava Gardella - fu la guerra italo-abissina che diede il primo, grande impulso alla tiratura del giornale. La spesa, a quei tempi notevolissima, dei telegrammi da Massaua - corrispondente speciale il Lemmi - fu compensata dal salto della diffusione: 20 mila copie al giorno, 25 mila la domenica”. (continua)
Nella foto, Mulberry Street intorno al 1900
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(Furio Morroni e’ stato redattore capo de Il Progresso. Questo articolo fu scritto in occasione del numero speciale del Centenario del giornale)





Italian enclaves in New York City (1880-1923)

In 1965 the Immigration and Nationality Act abolished the Immigration Act of 1924, and since 1968 170,000 immigrants from the eastern hemisphere were allowed to immigrate annually. Post-1967 a new wave of Chinese immigrants began to settle in Chinatown. The influx of Mandarin and Fujianese speakers helped Chinatown expand its boundaries from the historic seven-block area around Mott and Mulberry Streets to an estimated 55-block area from the East River to City Hall and from St. James Place to well-north of Canal Street, eradicating the traditional “dividing line” between Little Italy and Chinatown...........
...........New York City was home to at least six ethnically Italian enclaves established during the massive Italian immigration from 1880 to 1923. The first significant Italian immigrants began arriving in the Five Points neighborhood in the 6th Ward during the late 1840’s --these immigrants were from northern Italy. During the 1870s southern Italians arrived in New York City in great numbers, but it was in the 1880s that the great mass of Italian immigration began (1880-1923). They settled in great numbers on Pell Street, Baxter and Worth: and along Bayard and Mulberry from Worth to Houston. Italian laborers, musicians, barbers and tradesmen were enumerated in the census. By the 1890s, the area was known for several food businesses—one Pina Alleva, recently arrived from Benevento, established her cheese shop at the corner of Grand and Mulberry (1892). This is now considered New York’s oldest cheese shop still in operation, and Mrs. Alleva’s descendants are still making ricotta and mozzarella to her specifications at 188 Grand Street. The thriving markets of Mott and Elizabeth Streets provided Little Italy residents with fresh fish and seafood, meats, cheeses, and the fresh fruits and vegetables abundant in Italian cities.
The immigrants from Italy arrived after 1900 at about 200,000 a year to the United States. The Immigration Act of 1924 had limited severely the number of Italian immigrants allowed –southern and eastern Europeans were restricted while northern Europeans were favored. By the early 1930s, Italians made up an estimated 98% 0f households in Little Italy. By 1940s, Little Italy was a tourist attraction, and each street in Little Italy was populated by particular regional groups-Napoletani, Calabresi, Siciliani, and Lucani, although today the neighborhood is identified with broader “Italian” culture—an Italian-American culture, rather than the regional cultures that predominated during the period of the great migration”.
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(Source: National Parks Service - Chinatown and Little Italy Historic district )
(http://www.nps.gov/nr/feature/asia/2010/chinatown_little_italy_hd.htm)