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Tuesday, January 20, 2015

1880/ Ecco com'e' nato Il Progresso Italo-Americano (1)



Di Furio Morroni

All’alba del 29 settembre 1880 gli abitanti di Mulberry street che erano gia’ in strada per recarsi al lavoro furono testimoni di una scena insolita nelle vie della Piccola Italia: due ragazzi, entrambi sulla ventina ed ognuno con un grosso pacco di giornali tra le braccia, gridavano a piu’ non posso:
 “ Comprate il Progresso Italo-Americano. Tutte le notizie sul processo Balbo! Soltanto due soldi!”
 Era quello l’atto di nascita del quotidiano ed al tempo stesso un atto di coraggio e di fede: il giornale nacque per volonta’ del lucchese Carlo Barsotti il quale, fra l’altro, non si era mai occupato di giornali.
La necessita’ di creare un giornale per la comunita’ italo-americana che all’epoca contava a New York circa 25mila persone, divenne chiara a Barsotti gia’ nel 1879, anno in cui un tribunale cittadino condanno’ a morte  - sembra ingiustamente - l’italiano Pietro Balbo, accusato di uxoricidio. Si costitui’ subito un comitato per ottenere una commutazione della pena e Barsotti ne fece parte. L’intraprendente lucchese cerco’ invano di attirare sul caso Balbo l’attenzione della stampa americana prima e poi quella del direttore e proprietario del settimanale “L’Eco d’Italia”, Gian Francesco Secchi de Casali, un nobile piacentino riparato in America dal 1836 dopo una fallita  cospirazione politica. Quest’ultimo, non si sa per quale motivo, si rifiuto’ di pubblicare sul suo giornale - l’unico, allora, in Italiano - qualsiasi notizia sugli sviluppi del caso Balbo.
Fu cosi’ che , sia per diffondere la causa del presunto uxoricida sia per tenere informata la comunita’ italo-americana, Barsotti comincio’ a stilare di suo pugno, ogni giorno, un foglietto contenente le ultime informazioni circa gli sviluppi del caso che poi affiggeva sulla vetrina della sua bottega in Mulberry Street. Intorno a quel modesto foglietto cominciarono a raccogliersi capannelli di gente curiosa. Barsotti comprese cosi’ la vera e propria fame di notizie che c’era tra i suoi connazionali e in lui nacque
l’idea di trasformare il foglietto in giornale. 
Il lucchese si mise in societa’ con il professore Barricelli e fondo’  "Il Progresso Italo-Americano" , giornale di quattro pagine , che sotto la testata recava la dicitura “Giornale quotidiano patriottico”.
 La redazione era in due minuscole stanze di un vecchio edificio al numero 72 di Ann Street, nel Lower East Side di Manhattan. A scrivere quei primi numeri del giornale, oltre allo stesso Barsotti, vi fu - unico redattore, Adolfo Rossi il quale, lasciata Manhattan dopo pochi mesi, sarebbe tornato venticinque anni dopo in America come Console d’Italia a Denver, Colorado.
Solo due persone, inoltre, costituivano lo staff della tipografia: erano l’allora venticinquenne Adolfo Rossi di Roccatagliata (Liguria) - che fu il primo proto - ed il coetaneo Rampaldi. Furono loro due a comporre e ad impaginare in tipografia il primo numero de “Il Progresso Italo-Americano”: ne tirarono cinquecento copie che la mattina seguente andarono a vendere in Mulberry Street.
Nonostante la buona accoglienza che il pubblico riservo’ al giornale, l’unione tra Barsotti e Barricelli a causa dei frequenti litigi tra i due duro’ poco e il lucchese non esito’ a sopprimere l’originaria testata e - in societa’ col farmacista Vincenzo Polidori - a far uscire, il 13 dicembre 1880 il primo numero de “Il Progresso Italo-Americano”.
Ma anche Polidori rimase per poco a fianco di Barsotti il quale fini’per essere l’unico proprietario del giornale. Si susseguirono poi diversi cambi di sede: da Ann Street a Chamber Street, poi a Centre Street, ad Elm Street, Perry Street (ndr) quindi addirittura a  Fairfield (Connecticut) e infine, nell’ottobre del 1965, ad Emerson nel New Jersey.
 Ma torniamo agli inizi, con le parole di Giuseppe Gardella: “Le quattro pagine erano diventate otto, il formato piccolo aveva ceduto il posto al formato grande, al formato normale dei giornali americani. La fattura era ancora quella dei giornali italiani ma a poco a poco Il Progresso andava americanizzandosi per la ricchezza dei cablogrammi della cronaca, delle illustrazioni.....”.
 “Il Progresso nei primi anni costo’ a Barsotti molti sacrifici finanziari e non poche volte il giornale non sarebbe uscito se io nin gli avessi messo a disposizione i miei risparmi.Vero e’, pero’, che Barsotti mi restitui’ sempre quanto gli avevo prestato”.
Vennero poi gli anni della depressione di fine secolo: fu un periodo che mise in serio pericolo la sopravvivenza della testata. Barsotti face l’impossibile per salvare il suo quotidianp che, nel frattempo, aveva conquistato migliaia di lettori e parecchi inserzionisti. Nel frattempo, altri giornali erano nati, avevano fagocitato le sostanze dei propri fondatori ed erano morti. “Il Progresso” si salvo’.
“ Ma - ricordava Gardella - fu la guerra italo-abissina che diede il primo, grande impulso alla tiratura del giornale. La spesa, a quei tempi notevolissima, dei telegrammi da Massaua - corrispondente speciale il Lemmi - fu compensata dal salto della diffusione: 20 mila copie al giorno, 25 mila la domenica”. (continua)
Nella foto, Mulberry Street intorno al 1900
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(Furio Morroni e’ stato redattore capo de Il Progresso. Questo articolo fu scritto in occasione del numero speciale del Centenario del giornale)





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