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Thursday, January 22, 2015

Una taglia e un monumento, Carlo Barsotti nella bufera

Una campagna del Progresso a favore di un intervento armato dell’Italia contro Re Giovanni d’Abissinia, campagna criticata dalla quasi totalita’ della stampa italiana, diede un grosso colpo alla popolarita’ di Carlo Barsotti che invece chiedeva vendetta dopo la strage di Dogali in Eritrea (gennaio 1887) dove fu sterminata dagli abissini una colonna di soldati italiani. L’intervento armato non era condiviso dalla classe piu’ abbiente e istruita degli italoamericani di New York, mentre Barsotti - secondo una indiscrezione pubblicata dal New York Times - aveva inviato un cablogramma al Generale Alessandro Asinari di San Marzano, comandante delle truppe in Africa, offrendo 5mila lire per la cattura di Re Giovanni e 3mila per la cattura del Ras Alula, suo comandante in capo, vivi o morti.
“In questo cablogramma l’editore Barsotti affermo’ di rappresentare la colonia italiana negli Stati Uniti. Ora, la classe migliore dei coloni italiani e’ formata da conservatori e non ha alcuna simpatia per tali procedimenti radicali, ed i cui sentimenti sono stati esternati in una serie di articoli pubblicati dal giornale di opposizione, L’Eco d’Italia, edito da Felice Tocci. Questo ha generato un’aspra controversia giornalistica tra i due giornali, risultata la scorsa notte in una dimostrazione pubblica, quando 500 italiani intelligenti si sono incontrati alla Brooke’s Assembly Rooms, 359 e 361 Broome Street, rispondendo alla chiamata dei conservatori”.
Il giornale chiudeva scrivendo che la riunione era stata tranquilla, con unanimita’ di vedute dei convenuti contro la posizione di Barsotti, ridicolizzato per aver affermato di essere il rappresentante degli italiani.
Ma certo, l’attivita’ frenetica di Barsotti non poteva non di esporlo a critiche e sospetti.
La scheda della “Treccani” sull’editore toscano, mette in evidenza che “fra gli emigrati italiani nell'America dei Nord gli elementi più intelligenti e spregiudicati aprivano piccole banche private, non autorizzate, per i connazionali, svolgenti funzioni assai varie: dalla rimessa di denaro in Italia al piazzamento della mano d'opera, dalla raccolta del risparmio alla fornitura di biglietti di viaggio. In realtà l'attività di “banchista”, (questa era la parola che si usava), che veniva compiuta da questi prominenti italiani, se forniva un primo aiuto agli emigrati, si traduceva in effettivo sfruttamento dei connazionali senza cultura e senza sufficiente sostegno nel paese di nuova residenza. Barsotti, oltre della banca, era anche proprietario di lodging-houses, ossia di alberghi popolari, ove si rifugiavano gli emigrati più miserabili e in condizioni materiali e morali disastrose. Al pari di altri banchisti, anch'egli dopo un rapido sviluppo della propria azienda bancaria, dichiarava fallimento nel 1897 travolgendo nel dissesto i risparmi di molti connazionali”.

A. Scilimbranca, su “Cronaca Sovversiva”, definiva Barsotti “ladro di risparmi della povera gente, tenitore di bische e postriboli, ruffiano e delatore” e scriveva che l’editore faceva di tutto per farsi pubblicita’ ed ogni occasione era buona per far soldi. “Sopravviene il terremoto? Ebbene Carlino e’ sulla breccia a lenire dolori e miserie, ad aiutare i superstiti e a fregarsi l’aggio sul cambio. Qualche italiano e’ condannato a morte? Ebbene Carluccio sempre buono, sempre caritatevole, inizia una sottoscrizione, fa dollari a manate, salva il malcapitato dal capestro e fa niente che intasca tutto coll’avvocato”.
Il settimanale di Filadelfia “La Libera Parola” lo chiamava “bancarottiere”
Uno dei piu’ feroci nemici di Barsotti fu Giovanni Preziosi, nato in Irpinia, ex-prete, giornalista, punta di diamante dell’antisemitismo durante il fascismo, poi nominato ministro di Stato. Dopo un’esperienza in Germania per conto dell’«Opera Bonomelli», Preziosi si recò più volte negli Stati Uniti d’America, dove collaboro’ alle riviste italiane «Rassegna Contemporanea», «La Voce del Popolo Italiano» di Cleveland e «L’Italia all’Estero». Nel giugno del 1911 rappresento’ l’«Istituto Coloniale Italiano» di Filadelfia al secondo Congresso degli italiani all’estero.
La polemica esplose dopo l’inizio della raccolta dei fondi promossa dal Progresso per un monumento a Dante Alighieri e fu tanto velenosa da costringere Barsotti ad andare in Italia a sporgere querela contro alcune pubblicazioni che, secondo lui, lo avevano diffamato. Preziosi fu assolto da un Tribunale di Roma, ma un giornalista e il gerente de “La Ragione” furono condannati rispettivamente a due ed undici mesi di reclusione ed a pagare forti multe oltre alle spese processuali.









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